Dal colloquio tra il Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian Gajdar Alijev, in occasione della visita del Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro, Roma, Palazzo del Quirinale, 25 settembre 1997.

Egregio Presidente Scalfaro,

Desidero innanzi tutto ringraziarLa per il Suo invito a recarmi nel Suo paese in visita ufficiale. Ho accettato con piacere questo invito e sono qui in Italia per instaurare con Lei contatti personali e per discutere lo sviluppo futuro delle relazioni tra i nostri due paesi. Nell’esprimere la mia soddisfazione per le parole che Lei ha pronunciato sul nostro paese e sull’importanza  dell’ulteriore rafforzamento delle relazioni italo-azerbaigiane, desidero sottolineare che alla fine del 1991, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Azerbaigian ha riacquistato l’indipendenza. Colgo l’occasione per esprimere la mia riconoscenza per l’immediato riconoscimento dell’Azerbaigian indipendente da parte dell’Italia e per la nomina dell’ambasciatore italiano nel nostro paese. L’ambasciata italiana in Azerbaigian è una dimostrazione dell’attenzione dell’Italia per lo sviluppo delle relazioni tra i nostri due paesi. A tale proposito ricordo che presto nomineremo il nostro ambasciatore in Italia. 

La ringrazio per l’attenzione che dedica ai processi in atto nel nostro paese, e anche per la sua corretta descrizione dell’evoluzione e del rafforzamento dell’indipendenza nazionale dell’Azerbaigian. Nonostante le difficoltà di carattere interno ed esterno, stiamo facendo tutto il possibile per consolidare e rendere irreversibile la nostra indipendenza nazionale. Stiamo costruendo uno Stato laico e democratico, governato dallo Stato di diritto. È in atto una ristrutturazione del nostro sistema economico in base ai principi dell’economia di mercato e dell’integrazione nell’economia mondiale. Desidero notare che in questi ultimi anni la realizzazione di questi processi procede con successo. 

Egregio Presidente Scalfaro,  Lei ha giustamente osservato che negli anni immediatamente dopo la dichiarazione di indipendenza la situazione politica interna del nostro paese era instabile. Abbiamo dovuto affrontare numerose difficoltà, tra cui la guerra civile del 1993. Siamo riusciti a superare tutto ciò. Negli ultimi 3­4 anni la situazione sociale e politica in Azerbaigian si è stabilizzata, e questi sviluppi hanno un carattere irreversibile. Sono state poste tutte le condizioni per consentire il pluralismo politico e il buon funzionamento delle istituzioni democratiche. Abbiamo creato tutte le condizioni necessarie per il pluralismo politico, le istituzioni democratiche, sono nati molti partiti politici e giornali, tra cui anche quelli di opposizione, e questa è ormai una realtà della nostra repubblica. A titolo informativo, ricordo che nel nostro paese, alla fine del 1995, è stata approvata la prima costituzione democratica e si sono tenute le elezioni del parlamento dell’Azerbaigian, su basi democratiche e pluralistiche. 

Inoltre, sono stati fatti importanti passi avanti nella realizzazione di importanti  riforme economiche, quali la privatizzazione, la riforma fondiaria, la liberalizzazione del commercio estero e dell’economia nel suo complesso. Le riforme stanno dando risultati positivi: l’economia è più stabile, il prodotto interno lordo è in crescita, l’inflazione si è ridotta sensibilmente e la nostra valuta nazionale si sta rafforzando. 

Tuttavia, nonostante questi significativi progressi, il paese ha un grosso problema. Mi riferisco al conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian, un conflitto sorto non a causa del nostro paese, ma iniziato con l’aggressione dell’Armenia contro l’Azerbaigian allo scopo di annettere il Nagorno-Karabakh. Per una serie di motivi, le formazioni armate armene sono riuscite a occupare il 20 per cento del territorio dell’Azerbaigian: la regione del Nagorno-Karabach e sette regioni ad esso confinanti. Oltre un milione di azerbaigiani sono stati cacciati con la forza da questi territori e da quattro-cinque anni vivono ormai in condizioni molto dure, per lo più in campi profughi.  Sottolineo, in particolare, che su una popolazione di 7,5 milioni, l’Azerbaigian conta un milione di profughi.  Ciononostante, nel maggio del 1994 abbiamo firmato l’Accordo sul cessate il fuoco e partecipiamo ai negoziati per la composizione pacifica del conflitto. 

Egregio Signor Presidente, Lei ha sottolineato la riuscita e il rispetto del cessate il fuoco. E certo, il cessate il fuoco è riuscito, nel senso che viene rispettato da oltre tre anni. Inoltre, noi lo rispettiamo senza l’intervento di forze di pace straniere nella zona del conflitto. 

Signor Scalfaro, credo che questo conflitto andrebbe spiegato con l’aiuto di una cartina: questo è il territorio dell’Azerbaigian. La parte colorata di questo territorio è quella occupata dai gruppi armati ameni. In base alle proposte avanzate dal co-presidente del gruppo di Minsk dell’OSCE, in una prima fase avrebbero dovuto essere liberati i territori indicati in verde. I territori indicati in giallo comprendono due regioni: la regione di Lachin e quella di Shusha. Poiché queste regioni sono attraversate da una strada che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia, è stato proposto di liberare queste due regioni e dichiarare, in una seconda fase, l’appartenenza del Nagorno-Karabakh alla Repubblica dell’Arzebaigian. 

Ricordo che al vertice OSCE di Lisbona sono stati fissati tre principi per la soluzione pacifica della questione del Nagorno-Karabakh: Il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbaigian e dell’Armenia, la concessione al Nagorno-Karabakh di un regime di autogoverno all’interno della Repubblica dell’Azerbaigian, la garanzia di sicurezza per tutta la popolazione del Nagorno-Karabakh, sia armena, sia azerbaigiana. Prima dell’inizio del conflitto, nel Nagorno-Karabakh vivevano 170.000 persone, di cui il 70 per cento armeni e il 30 per cento azerbaigiani. Ora gli azerbaigiani sono stati tutti espulsi. La popolazione locale è composta solo di armeni (circa 80-100 mila abitanti).

Per rispondere alle sue domande, desidero osservare che prima della guerra vivevano nel territorio dell’Armenia circa 300.000 azerbaigiani. Questa popolazione è stata interamente cacciata dal territorio dell’Armenia e oggi tutte queste persone vivono in Azerbaigian. Di conseguenza, anche noi abbiamo espulso gli armeni dal territorio azerbaigiano, in varie regioni. Ma, a differenza degli azerbaigiani, che sono rientrati in massa in Azerbaigian, gran parte degli armeni è emigrata in Russia, Europa, America o altrove. 

Per quanto riguarda le motivazioni della mancata soluzione del conflitto, occorre rilevare che al vertice OSCE di Lisbona, 53 stati su 54 hanno votato a favore dei tre già citati principi, mentre l’Armenia non li ha accettati. L’Armenia punta ad ottenere per il Nagorno-Karabakh lo status di nazione indipendente. Naturalmente ciò è inaccettabile per l’Azerbaigian. Noi non possiamo consentire la formazione di un secondo stato armeno sul territorio dell’Azerbaigian. 

Oscar Scalfaro: Evidentemente l\'Armenia vorrebbe l’annessione del Nagorno-Karabakh all’Armenia. 

Gajdar Alijev: L’annessione del Nagorno-Karabakh all’Armenia non è consentita dal diritto internazionale. Se le cose andassero come vuole l’Armenia il Nagorno-Karabakh sarebbe formalmente indipendente, ma praticamente annesso all’Armenia. 

Signor Scalfaro, desidero lasciarLe in ricordo del nostro incontro questa fotografia, scattata sul nostro territorio, di una incisione rupestre in latino risalente al periodo dell’Impero Romano. Sulla pietra, che si trova sul versante sudorientale del monte Bedjukdaš nella riserva di Gobustan, vi è un’iscrizione la cui storia risale a oltre ventimila anni fa: «Imperator Domisian Sezar Avqust Germanik L.(Yusi) Yuli Maksim, Fulminatın XII legionunun senturionu».

Signor Scalfaro, la invito a vistare il nostro paese in visita ufficiale.

Dal quotidiano Bakinskij rabočij, 1 ottobre 1997.